Licorice Pizza

Paul Thomas Anderson ci ha abituati a film eccentrici, evocativi più che narrativi (Boogie Nights e Magnolia). Come lo è Licorice pizza (2021) (il nome di una catena di negozi di dischi attiva fino al 1986), che è un omaggio a un’epoca mitica dal punto di vista dei costumi e della musica. 
 
Siamo nel 1973 nella San Fernando Valley, California. Gary e Alana si conoscono il giorno delle foto nel liceo.
Lui è un attore in rampa di lancio. Lei, più grande di diversi anni, è un’assistente fotografa insoddisfatta. Tra loro nasce un forte legame. Ma non è amore, o almeno non sembra. Sono amici, litigano, sono gelosi, si riappacificano, stanno male. Alana lo insegue come se fosse la sua ragazza quando Gary viene fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio. Ma non c’è niente da fare, si separano di nuovo. Tra il business dei materassi ad acqua e quella della sala da flipper e gli incontri della ragazza con il famoso attore Jack Holden (Sean Penn), il parrucchiere e produttore Jon Peters (Bradley Cooper) che ha una relazione con Barbra Streisand e il candidato sindaco Joel Wachs (Benny Safdie), le loro vite si incrociano continuamente e cercheranno di capire quello che provano l’uno per l’altra.

Una serie di “quadri”, come piccoli episodi, si susseguono e costruiscono l’architettura di questo film, che non ha una trama ferrea ma è piuttosto un flusso di circostanze che guardano Gary e Alana comporre il puzzle della loro quotidianità. Il film restituisce piacevolmente la California degli anni ’70, quando  la musica su vinile di David Bowie, Paul McCartney, Nina Simone, The Doors, riempiva le stanze delle case, e tutti erano felici.

Un film con la luce negli occhi: una luce nostalgica che guarda a film come American Graffiti di George Lucas uscito proprio nel 1973 e a Manhattan di Woody Allen. Luce ricreata anche con vecchissime lampade ad arco risalenti al cinema muto già utilizzate da Tarantino in Once upon a time… (qui maggiori particolari sulla fotografia del film).
Un film interamente analogico girato su pellicole negative a colori Kodak Vision N3 che si affida all’uso di obiettivi vintage per ricreare i mitici “flare” blu nei controluce e la sgranatura dell’immagine impossibile da ottenere con il digitale.
Amo girare su pellicola per molte ragioni” afferma PTA, “la prima tra queste è il modo gentile e realistico in cui cattura la pellicola cattura le tonalità della pelle. Inoltre, c’è una qualità unica nell’immagine su celluloide, una patina e una morbidezza che è difficile ottenere in digitale e che aiuta ad evocare una data epoca.

Un’epoca mitica quella degli anni ’70 in cui Anderson è cresciuto e questo suo film ce la racconta attraverso le vicende del protagonista Gary  ispirate alla vita giovanile di Gary Goetzman, amico di Anderson, imprenditore, produttore cinematografico (Philadelphia, Il silenzio degli innocenti, Mamma Mia!) e socio di Tom Hanks.
Ha il cuore del film piccolo e la struttura di un grande affresco anarchico simile al Nashville di Altman, un mosaico luminoso composto da schegge di vita, per raccontare l’inevitabilità dell’amore inteso come libertà, anarchia, rivendicazione di sé, esplosione di vita.
E che vita, che libertà, che bellezza. Che cinema.
 
Impressionante la prova dei due attori protagonisti entrambi esordienti: la cantante,  Alana Haim che con le sue sorelle compone la band Haim, per la quale Anderson ha girato una dozzina di video,(l’intera famiglia di Alana interpreta nel film il clan dei Kane) e Cooper Hoffman, il figlio di Philip Seymour Hoffman che fu l’attore prediletto di Anderson.

Il film ha vinto il premio come  Miglior Film dell’anno per l’American Film Institute (AFI),  Miglior Regia e Film ai National Board of Review e ha conquistato ben tre  nomination agli Oscar 2022, (Miglior Film, Miglior Sceneggiatura, Miglior Regia).
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